
Pubblicazioni
L´espresso del 5 aprile 2001, Maria Serena Palieri.
E l´oppio ci liberò dal male
La malattia? Un maleficio. La cura? Il dialogo con gli dei. Grazie a allucinogeni, cannabis... uno studioso racconta 4 mila anni di trip.
A fine ottocento Fabergé ne produceva di preziose: minute siringhe in oro, smalti e gemme adatte a scomparire nelle pochette di una dama e abbastanza eleganti da potere essere mostrate in pubblico dal politico, lo scrittore, il nobile. Quell´indispensabile oggetto era la siringa intradermica, messa a punto da Charles-Gabriel Pravaz, che consentiva di godere delle gioie della morfina senza le fastidiose, un po´ volgari conseguenze (vomito innanzitutto) di un´assunzione per bocca. La cosiddetta "petite Pravaz" veniva usata pubblicamente e più volte al giorno, tra gli altri da Jules Verne e Richard Wagner, mentre Bismarck vi ricorreva quando doveva affrontare una discussone politica. Perché in quella fin de siècle, iniettarsi la parente anziana dell´eroina era un costume sociale ammesso.
La singolare epopea mondana della petite Pravaz torna nel saggio "Le stagioni degli dei. Storia medica e sociale delle droghe" di Henri Margaron, psichiatra e direttore del Dipartimento delle dipendenze patologiche dell´Azienda Asl di Livorno. Margaron effettua una cavalcata nella storia della civiltà. E dimostra che non c´è stata epoca né luogo in cui la droga non sia stata consumata, in virtù di una delle sue duplici risorse: produrre alterazioni degli stati di coscienza o curare l´umore, dando euforia al depresso e calma all´angosciato. Si chiede Margaron:"perché le sostanze che più hanno influito sullo sviluppo della cultura , della scienza e della medicina sono considerate da cent´anni, le più terribili calamità dell´umanità?"
In effetti, osserva Margaron, l´interdetto, nei millenni passati, ha colpito più l´uso eccessivo di del vino che l´assunzione delle altre sostanze...
La malattia? Un maleficio. La cura? Il dialogo con gli dei. Grazie a allucinogeni, cannabis... uno studioso racconta 4 mila anni di trip.
A fine ottocento Fabergé ne produceva di preziose: minute siringhe in oro, smalti e gemme adatte a scomparire nelle pochette di una dama e abbastanza eleganti da potere essere mostrate in pubblico dal politico, lo scrittore, il nobile. Quell´indispensabile oggetto era la siringa intradermica, messa a punto da Charles-Gabriel Pravaz, che consentiva di godere delle gioie della morfina senza le fastidiose, un po´ volgari conseguenze (vomito innanzitutto) di un´assunzione per bocca. La cosiddetta "petite Pravaz" veniva usata pubblicamente e più volte al giorno, tra gli altri da Jules Verne e Richard Wagner, mentre Bismarck vi ricorreva quando doveva affrontare una discussone politica. Perché in quella fin de siècle, iniettarsi la parente anziana dell´eroina era un costume sociale ammesso.
La singolare epopea mondana della petite Pravaz torna nel saggio "Le stagioni degli dei. Storia medica e sociale delle droghe" di Henri Margaron, psichiatra e direttore del Dipartimento delle dipendenze patologiche dell´Azienda Asl di Livorno. Margaron effettua una cavalcata nella storia della civiltà. E dimostra che non c´è stata epoca né luogo in cui la droga non sia stata consumata, in virtù di una delle sue duplici risorse: produrre alterazioni degli stati di coscienza o curare l´umore, dando euforia al depresso e calma all´angosciato. Si chiede Margaron:"perché le sostanze che più hanno influito sullo sviluppo della cultura , della scienza e della medicina sono considerate da cent´anni, le più terribili calamità dell´umanità?"
In effetti, osserva Margaron, l´interdetto, nei millenni passati, ha colpito più l´uso eccessivo di del vino che l´assunzione delle altre sostanze...